Cari ragassuoli, ammetto che avrei voluto dare a questo post un titolo un po’ più clickbait visto che andremo a cianciare su un tema “scottante” per tutti gli appassionati e spendaccioni videogiocatori. Tuttavia, dato che sono diventato un bambino grande (chiedete pure conferma a mia moglie perché pensa che mi abbiano sostituito con un sosia) ho optato per dire la verità nient’altro che la verità: Io al backlog non credo più.
In questi mesi ho guardato diversi video su Youtube dove i super-mega-maximi esperti descrivevano la loro soluzione per affrontare questo mostro mitologico più terribile di Ade e più ammaliante di Lucifero. Tutti i temi proposti erano interessanti ma nessuno ha dedicato tempo all’origine del nostro male, il nostro peccato originale. Un incrocio malvagio di tre elementi chiave: Tempo a disposizione per giocare, disponibilità economica per comprare, incapacità di resistere all’impulso dell’acquisto.
Facendo una paragone, se ci vediamo grassi e con il pancione l’unico modo per risolvere la questione è chiudere la bocca, ma nessuno (o solo molto pochi e di solito questi hanno una laurea in medicina) ve lo dirà, perché se smettessimo di ingozzarci di junk food o di grosse quantità di cibo, la nostra economia consumistica ne risentirebbe. Magari l’ambiente ne gioverebbe chissà. Lo sapete che uno dei principali problemi per la crisi climatica odierna sono gli allevamenti intensivi da cui otteniamo la nostra amatissima carne? Sfamare tutti quei bovini è un problema così come lo sono tutte le emissioni di metano che escono dal loro… si, le puzzette.
Con i videogiochi è lo stesso: vuoi sconfiggere il backlog? Non comprare più nulla, gioca e soprattutto divertiti con quello che hai, nella maggior parte dei casi, hai già tutto quello che serve per farlo.
E invece no, in questi video ti spiegano le rigide e autogiustificanti regole per decidere cosa è backlog e cosa non lo è. Eppure nei profili instagram di questi salvatori si vedono librerie anzi, pareti, piene di videogiochi retrò e guarda caso sono tutti americani perché da loro, diciamo la verità, il mercato dell’usato del retrogaming è molto più vivo che qui in Europa dove siamo ossessionati e truffati da giochi venduti a valori fuori da ogni logica (se mi parlate di grading giuro che sbrocco). Purtroppo il problema così facendo non lo risolveremo mai. Se seguiremo i consigli di questi guru avremo soltanto una lista più ordinata che ci ricorda della nostra incapacità a tenere la bocca chiusa, ehm a non spendere.
La verità è che i “video acquisti” in qualsiasi loro forma sono la sintesi perfetta di uno dei difetti della tossicità dell’internet. Generano invidia, generano frustrazione. In tanti ci cascano o ci sono cascati. Io non mi vergono a dire che sono stato uno di questi. Sono consapevole che mostrare la propria collezione non sia di per se sbagliato. è anche bello condividere le proprie passioni con persone che hanno gli stessi interessi purtroppo però in questo contesto in cui apparire è predominante su tutto, avere cinquecento giochi ti può far sembrare uno figo e più felice rispetto al tizio che ha soltanto cinque giochi. Cosa che può essere vera ma in altrettanti casi, no.
Così ho deciso di chiudere i rubinetti, di chiudere il mio portafoglio. Besos, forse, non mi amerà più come prima ma è un rischio che sono pronto ad affrontare. Pazienza se non pubblicherò su Instagram la foto al day one di quel gioco che tanto è di moda ora. In realtà potrei farlo con Photoshop ci metto ci minuti e modificare l’immagine. Ma se ora sono impegnato con un Gdr da 30-40 ore mentre ne ho altri tre che mi aspettano sulla mensola presumendo un impegno per almeno un centinaio di ore ma che senso ha affannarmi per spendere tanto e subito? Perché non aspettare un’offerta?
Io devo giocare per me perché amo i videogiochi perché sono una di quelle passioni che mi porto da tutta la vita, o semplicemente mi divertono ancora. Questo non può cambiare in funzione di quanto sono gagliardo sui social. I social sono fuffa, le ore piacevoli passate con questo hobby invece sono ricordi veri. Il consumismo non ci sta facendo bene, pensiamo che sia il modo migliore di vivere, forse però, possiamo imparare a gestirci di più a essere più consapevoli e più presenti nel nostro adesso perché è ciò che siamo.
Allora ho iniziato a scriverhe un diario. Si, nell’anno di nostro signore duemilaventidue. Un diario privato dove ci scrivo cosa succede nelle mie sessioni da videogiocatore e mi appunto di tutto. Dalle impressioni sul gioco in se, ai personaggi che incontro nella storia, quelli che mi stanno simpatici e quelli che prenderei a schiaffi. Questo mi rende felice e mi permette di riprendere sempre il filo del discorso quando per diversi giorni non riesco a giocare. Questo forse è l’unico consiglio serio che ho trovato nei video di cui vi ho parlato. Quindi lo propongo anche a voi; scrivete un diario di viaggio chissà che quando lo rileggerete tra un anno quante
g esperienze interessanti riscoprirete d’aver vissuto.
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