[Cinema] No Time To Die. Si muore solo due volte.

Sono cresciuto con il cinema degli anni 80 e 90. In quel periodo la narrativa aveva regole diverse, soprattutto, presentava eroi e miti differenti. Oggi l’inclusività e le regole del mercato hanno stravolto quei meccanismi ormai fuori tempo massimo, cosicché il macho bianco misogino non è stato più capace di vendere sogni al cinema come allora. Oggi abbiamo eroi di colore, protagoniste femminili forti più degli uomini ma non solo, il genere dei blockbuster sui super eroi ha trasformato e reso sempre meno credibili uomini che seppur scolpiti da muscoli imponenti, non sentissero la fatica o il dolore perché se sanguina Superman allora deve farlo chiunque. 

L’ultimo Monolite

In questo nuovo mondo, Bond James Bond rappresenta forse l’ultimo monolite della sua specie e la conclusione di No Time To Die ha lasciato davvero poco spazio ai fraintendimenti: il congedo di Daniel Craig dal suo personaggio non potrà che essere l’occasione “relativamente” giusta per rivoluzionare anche questo brand adeguandolo a questi tempi moderni cinematografici che oggi funzionano così. 

Tuttavia, il Bond di Daniel Craig così come i più recenti sforzi dello spericolato eroe di missioni impossibili Ethan Hunt (Tom Cruise) ci ha già abituato ad un eroe che soffre, che fatica e che sanguina. Fortunatamente non vediamo più il personaggio a sforzo zero di Connery o quello del vecchio Roger Moore non avere neppure il fiatone e chi si accorge solo ora del radicale cambiamento di questi Bond è solo perché si svegliato dal torpore ora e ha dimenticato gli altri quattro film perché è da Casinò Royale che questo agente 007 fa i conti con il dolore e la morte. 

In No Time To Die rispetto a quel filmone che per me è Skyfall, c’è un cambio di paradigma narrativo molto significativo. In Skyfall, Bond è un uomo senza passato ne futuro, il cinismo e il dolore rappresentato dalla frase “Quella casa neppure mi piaceva” è l’essenza del Bond Pensiero anche davanti alla morte di M (Judy Dench) e all’esplosione della casa di famiglia. In quest’ultima pellicola assistiamo invece, ad un Bond che pensa ancora al suo amore passato andando a cercare la sua tomba ed è obbligato a rinunciare al suo futuro di pace e amore con una moglie e una figlia. “abbiamo tutto il tempo del mondo” ho capito che sarebbe finita malissimo appena l’ho sentita. 

E venne la morte

No Time To Die è una pellicola che non fa altro che parlare di morte dal principio alla fine con la Nera Signora dalla lunga falce che non si nasconde mai anzi è l’unica e indiscussa protagonista, rivelandosi perfino così cinica e egualitaria da non concedere il lieto fine neppure al uomo che ha salvato il mondo perché per un uomo come Bond, James Bond, non c’è più posto e non esiste redenzione. 

Ed è qui che nasce l’idea per il titolo del post: Questo Bond riesce a morire due volte nello spazio di un mezzo film. La prima volta quando diventa padre: l’uomo senza origini e senza un domani si trova ad affrontare la trasformazione più grande di tutte essere le radici per una bambina che sarà il suo lascito “ti racconto la storia di un uomo che si chiamava James Bond” e poi muore ancora quando, mannaggia alla miseria, gli piovono in testa decine di bombe. 

Dedico ancora un piccolo paragrafo agli aspetti importanti del film diretto da Cary Fukunaga che per me è una pellicola da mestierante, discreta ma non eccelsa. Tutto sommato funziona e racconta ciò che vuole raccontare, senza quei guizzi che qualcuno potrebbe anche aspettarsi. Tuttavia, siamo ancora lontani dai fasti di Casino Royale e Skyfall. 

Come sapete mi piacciono molto i villain soprattutto in una storia ho sempre piacere che i cattivoni siano ben caratterizzati e credibili perché sono dal mio modesto parere il motore che spinge la storia e quindi l’eroe ad andare oltre e a superare i suoi limiti. Devo dirvi che Safir il villain di No Time To Die l’ho trovato deludente e troppo debole per risultare interessante nonostante il confronto finale abbia detto cose interessanti sulla figura Bond ma questo non lo salva da questa critica. 

Due ore e quaranta minuti sono tanti per un film così, così soltanto sufficiente. Non lo scrivo solo perché sto ancora soffrendo per quello che ho visto ma perché se vi devo dire la verità, la parte più divertente del film è stata la parte a Matera. Ossia prima della canzone che apre ogni film di Bond. 

Sono anche andato a cercarmi quello che qualche anno fa scrissi su Spectre il film precedente di questa pentalogia (se volete lo potete leggere qui) e mi sono accorto di quanto fossi in difficoltà già allora. La differenza è che la malinconia di questo finale mi ha fatto tornare la voglia di rivedere i precedenti capitoli o almeno, vorrei rivedere Casino Royale e Skyfall. 

Credo possa essere interessante rivedere questi film con la consapevolezza della conclusione a cui ci accompagna No Time To Die magari si potranno notare piccoli dettagli che possono rendere più stimolante la visione. 

Ad ogni modo è certo che se James Bond muore, tutti possiamo morire è questo fa paura, o almeno, a me ne fa tanta. 

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2 commenti

    • Tante volte lo penso anch’io e poi mi faccio venire i sensi di colpa. Sarò mica diventato un razzista del cavolo? Poi mi rispondo che sono gli eccessi e le forzature a non piacermi e mi sento un po’ meglio.

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