Come vi avevo annunciato un paio di post fa in quello scritto sul (mi spiace ribadirlo) deludente Hotel Transylvania 4, avevo intenzione di dire la mia sul chiaccheratissimo sessantesimo classico Disney, uscito poco più di un mese direttamente in streaming su Disney+ come già accaduto anche per Raya (ne ho scritto qua) dal titolo Encanto.
Dopo il misterioso oriente, la nuova ambientazione scelta all’insegna dell’inclusività mondiale totale globale, è l’America latina di matrice ispanica. La storia di Encanto è stata affidata a Byron Howard che aveva già realizzato per la casa di Topolino due pezzi da novanta che io amo particolarmente come Rapunzel e Zootropolis, dimostrando in queste due occasioni di saper scrivere storie pazzerelle come quella della biondina in crisi con la madre opprimente ma anche thriller di un certo spessore e tematiche. Per questi motivi non c’è da stupirsi se per Encanto in molti nutrivano forti aspettative ma come ormai credo abbiamo imparato, sono proprio queste fetenti e canaglie (come la nostalgia) aspettative a rovinarci i film, perché nove volte su dieci vengono disattese più per incapacità nostra del saper comprendere ciò che abbiamo appena visto rispetto a reali e discutibili problemi presenti nella pellicola.
La smaterializzazione del villain
Encanto è il completamento di un percorso cercato e voluto dalla Disney stessa che per certi versi che punta da diverso tempo anche ad una pixarizzazione dei suoi lavori. Il viaggio iniziato da Frozen che ha portato alla smaterializzazione del villain è “finalmente” (o qualsiasi avverbio con accezione positiva o negativa voi vogliate metterci) giunto ad un punto d’arrivo. Tuttavia, è proprio in questa scelta che si concentrano tutte le divisive motivazioni per cui Encanto è riuscito a raccogliere in egual misura elogi e critiche. Quello che mi ogni volta mi infastidisce però non sono le opinioni diverse dalla mia che sono sacrosante bensì, il è lamentarsi senza conoscere, il commentare senza riflette, un po’ come quando ho sentito dei conoscenti argomentare negativamente su Frozen 2 perché ci sono “troppe canzoni”. Hey ma è un musical cosa vi aspettavate? Accidenti.
Andiamo con ordine perché per arrivare a scrivere questo post ho vissuto Encando come fosse una cipolla seguendo l’insegnamento di Shrek perché vi dico la verità, senza la miniCornerhouse, sarei rimasto fregato pure io.
Voi sapete che misuro l’indice di gradimento di un film di questo tipo in base a quante volte la miniCornerhouse me lo fa rivedere prima di voler passare ad altro. Più diventa ossessiva, più vuol dire che in qualche modo qualche cosa anche se non del è tutto chiaro arriva anche ai più piccoli e se Oceania e Raya sono facili da spiegare vien da se come Encanto sia più complesso da commentare con una bimba di quattro anni.
Encanto all’inizio non mi è piaciuto, l’ho trovato debole e privo di spunti interessanti se non per una qualità visiva colorata e vivace e per delle musiche fantastiche, le quali come ne “La Principessa e il Ranocchio” sono piacevoli e ben scritte ma senza le vette commerciali di Frozen. Peccato, perché se Encanto avesse avuto la sua Let It Go meriterebbe applausi a non finire per la sua soundtrack da oscar.
Per fortuna, la miniCornerhouse ha voluto rivedere Encanto molte volte a ripetizione e ha trovato i personaggi sempre interessanti e così dopo una prima impressione non proprio esaltante ora la storia della famiglia Madrigal ha iniziato a piacermi. pur non potendo sicuramente ambire ad una top 3 si è trasformato in qualcosa che non mi dispiace.
Come in Frozen o in Ralph Spacca Internet, in Encanto il villain non è “fisico” ma è dentro il protagonista. Può trattarsi una oppressione, un pregiudizio, di un’ansia che si cela dentro di lui. Emozioni o traumi che devono essere affrontati attraverso il viaggio, la maturazione e l’accettazione di se stessi. Encanto è la definitiva rottura con la Disney del rinascimento quella di Aladdin del Re Leone e della Sirenetta: Addio a villain gagliardi. Addio Ursula, addio Ade e addio pure Scar (il miglior villain Disney degli ultimi quarant’anni).
Anche le favole crescono
Può piacere o no, ma anche le favole crescono. Oggi non servono più Eroi stracolmi di virtù che devono affrontare villain rappresentanti uno dei vizi capitali (avidità, rabbia, invidia). Così come la letteratura fantastica si è trasformata passando dai prescelti come Luke e Harry Potter a storie circolari come il viaggio di Jon Snow o la drammaticità di Jaime Lannister. Un giorno ci sveglieremo pensando che “dal suo punto di vista” Thanos non si sbagliava o che in fondo non è colpa del Joker se lui è diventato così ma è colpa nostra che non abbiamo saputo ascoltare le urla di dolare di una persona in difficoltà.
Non ricordo dove l’ho letto ma non posso non condividere un pensiero sul cambio di paradigma tipico delle storie d’avventura. Prima avevamo eroi “maschi e bianchi” (circondati da veline) oggi abbiamo tonnellate di Girl Power e black washing che servono per raccontare l’inclusività e portare al cinema anche quelle che un tempo definivamo minoranze. Forse questa fase sarà propedeutica affinché un giorno si abbia voglia di nuove storie alla vecchia maniera? Un rigido conservatore potrebbe infastidirsi nel trovare più al cinema personaggi maschilisti come James Bond e non ho dubbi che rimpianga anche un John Wayne in bianco e nero. Il problema è che finché ci sarà ancora qualcuno che proverà del disagio di fronte ad un eroe “diverso” dalla propria identità di genere continueremo ad averse anche parecchi problemi culturali. Dal mio punto di vista il problema di Rey nella terza trilogia di Star Wars è che è un personaggio scritto fiacco e prima di interesse non che è una ragazza, giusto per fare un esempio molto discusso.
Allora ben vengano storie come Encanto che raccontano il disagio creato dalla famiglia stessa. I bimbi non nascono razzisti, non nascono omofobi siamo noi adulti che abbiamo gigantesche responsabilità verso di loro che li educhiamo alla rabbia e alla diversità. Siamo noi genitori in primis a caricarli di doveri senza parlare con loro e siamo noi quelli che sbagliamo a non accettarli per quello che sono, unici e non diversi.
Nonna Abuela, per alcuni la vera protagonista, siamo noi amata miniCornerhouse, siamo mamma e papà, rappresenta i nostri errori, le nostre incapacità genitoriali e le nostre insicurezze dentro la società.
Dopo tutta questa pippa e mettendo un po’ d’ordine alle mie idee non posso che concludere dicendo che Encanto non è il miglior film disney di sempre (e non è che ogni volta che esce un classico deve per forza essere il “più meglio di tutti”) ma rappresenta una milestone, uno spartiacque divisivo nel mondo di raccontare le emozioni con l’animazione. Quasi una storia autorale meno roboante rispetto a fin troppo citato Frozen ma dalle indubbie qualità e dannatamente attuale nel raccontare il male che le aspettative della famiglia possono fare ai propri figli.
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Sottoscrivo anche gli spazi e le virgole di “I bimbi non nascono razzisti, non nascono omofobi siamo noi adulti che abbiamo gigantesche responsabilità verso di loro che li educhiamo alla rabbia e alla diversità.”. Proporrò il film ai miei due nani (che più crescono, più assomigliano a Gloin e Oin).
La Pixar di Monster & Co e Up è un lontano ricordo , tuttavia sembra che quel “DNA” narrativo abbia contaminato la produzione di animazione Disney. Il che è un bene.
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